
Autostima: conoscere i meccanismi di mantenimento della bassa autostima per evitarli
L’autostima è la percezione di sé, l’idea che ognuno ha di se stesso, il valore che si attribuisce.
Avere una bassa autostima vuol dire avere un’immagine globale di sé negativa e refrattaria a revisioni nonostante i successi ottenuti.
La bassa autostima ha un’influenza negativa sul funzionamento della persona e sul suo benessere psicologico, esponendola a sviluppare con maggior probabilità malattie somatiche, problemi psicologici come ansia, depressione e disturbi alimentari, problemi relazionali e insoddisfazione personale.
Melanie Fennel, ricercatrice dell’Università di Oxford, individua i fattori di mantenimento della bassa autostima in un modello teorico utile durante il lavoro cognitivo comportamentale atto a migliorare l’autostima (2009).
Alla base di tutto stanno le convinzioni centrali che nelle persone con bassa autostima sono essenzialmente giudizi negativi di sé (es. sono stupido, sono grasso, sono debole).
Seguono le regole di vita rigide e assolutistiche, dunque difficili da rispettare, che la persona si impone per non vivere le emozioni di colpa, tristezza, vergogna collegate alle convinzioni centrali (es., sono stupido→devo sempre fare tutto perfettamente, sono brutto→devo essere magro).
La persona con bassa autostima sperimenta ansia quando incontra situazioni in cui potrebbe non rispettare le regole di vita e depressione quando ormai si rende conto di non averle rispettate (es. sono stupido →devo mantenere la media del 10 per cui ad ogni prova sono agitato, nervoso, ho paura di sbagliare; sono grasso→ devo mangiare 700 calorie al giorno ma non sempre riesco e mi sento depresso quando supero questo numero di calore).
Quando la persona vive situazioni in cui è probabile che le regole di vita non vengano soddisfatte (es. dare un esame, parlare in pubblico, mettersi in costume) si attivano le convinzioni centrali (es. sono stupido, non so parlare, sono brutto) e con loro le predizioni negative (es. mi dimenticherò tutto, non riuscirò a parlare, tutti mi guarderanno con disgusto) per cui la persona sovrastima la probabilità che si verifichi l’esito peggiore o sovrastima l’intensità della catastrofe immaginata o sottostima le proprie capacità di affrontare la situazione o sottostima la possibilità di aiuti esterni.
Le predizioni negative aprono la strada ad ansia e comportamenti di precauzione (es. ripetere la lezione 100 volte, imparare il discorso a memoria, andare tutti i giorni in palestra) e comportamenti di evitamento (es. saltare l’esame, darsi per malato,preferire la montagna al mare).
Precauzione ed evitamento a loro volta intensificano errori di percezione e interpretazione: nell’ interpretare i propri comportamenti la persona focalizza l’attenzione verso gli elementi che confermano le previsioni negative (es. il professore aggrotta le sopracciglia perché sto sbagliando risposta, gli interlocutori sbadigliano perché il mio discorso è noioso, le persone vicino sghignazzano perché sono grasso).
A questo punto la persona approda inevitabilmente a pensieri di autocritica (es. sono il solito somaro, non so parlare, sono patetico) e sviluppa i sintomi depressivi che a essa seguono e che riverberano le convinzioni centrali negative in un circolo vizioso dove appunto la bassa autostima trova il suo motore di mantenimento.