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Rimuginio: adesso basta!

A volte ci sono pensieri che ci girano in testa per ore assorbendo la nostra energia e il nostro tempo. Letteralmente: ci sfiniscono.

Ne faremmo volentieri a meno, anzi sappiamo benissimo che per la nostra salute mentale dovremmo smettere di farli rimbalzare da una parte all’altra della mente. Eppure non riusciamo a farne a meno. Rimangono attaccati come fastidiosa gomma da masticare alla suola della scarpa e trattengono la nostra vitalità. Limitano le nostre potenzialità.

È un vero e proprio rimanere incastrati in piani temporali e dimensioni dell’essere che tutto sono meno che la realtà presente. Eppure noi siamo solo questo: il nostro presente. Il presente racchiude l’eco del passato e il sentore del futuro, ma rimane uno schietto qui ed ora che è talmente elementare da diventare a volte difficile da realizzare.

So cosa vuol dire quando qualcuno mi dice “non riesco a smettere di pensarci!”. Lo so davvero, sia come terapeuta perché vedo la sofferenza che il rimuginio con la sua insistenza produce nelle persone, sia come persona. La mente è sopravvissuta grazie alla sua abilità di risolvere problemi per cui se ne vede uno all’orizzonte in automatico ci si fionda sopra come un condor sulla sua preda. Sono orgogliosa di avere una mente che fa quello che ha permesso alla specie umana di arrivare a oggi attraverso secoli di storia, ma preferisco che questo suo servizio si limiti a situazioni davvero a rischio e che invece lasci le persone focalizzate sul loro presente per il resto del tempo.

Ci sono varie tecniche usate proprio per aiutare la mente a lasciar perdere il suo giro in giostra sul quel folle treno del rimuginio. Ogni persona può trovare quella più adatta a sé, per questo è importante provarne un po’ per vedere con quale ci si sente più a proprio agio e quale dunque risulta più utile per sè.

Ecco una tecnica che trovo efficace e che spesso consiglio:

  • quando ci rendiamo conto che la nostra testa è presa all’amo da una serie infinita di pensieri, che sono sempre gli stessi e non si risolvono mai, quando dunque ci accorgiamo che non siamo connessi col momento presente ma persi in una dimensione spazio-tempo che non è reale,
  • dobbiamo smettere di fare quello che stiamo facendo es. camminare, cucinare, ecc.
  • e, magari chiudendo gli occhi per concentrarci meglio, passiamo al prestar attenzione a quello che le nostre orecchie captano dall’ambiente circostante: notiamo i suoni più forti, quelli di sottofondo, quelli di tonalità intermedia, quelli che smettono di esserci, quelli che sentiamo ma prima non c’erano, quelli che si modificano o rimangono sempre uguali, ecc.

Questo esercizio ci permette di rifocalizzare l’attenzione sul presente, cioè su tutto quello che una persona ha davvero. Aiuta a spezzare le catene del rimuginio. Aiuta a farci scendere dalla nuvola dei pensieri infiniti. È una forma di meditazione perché promuove la consapevolezza nel qui e ora. Può essere eseguito come esercizio a sé in qualsiasi momento.

Per andare al lavoro di solito costeggio a piedi un parco e mi capita spesso di fermarmi concentrandomi sui suoni. Ho notato che, facendolo, se ho tensioni fisiche di solito si allentano e mi viene quasi automatico accennare un sorriso. Il sorriso potrebbe essere legato a una forma di rilassamento della muscolatura facciale oppure potrebbe essere collegato alla simpatia che mi ispira il canto degli uccellini. Alcuni, va detto, sono delle prime donne assolute ma il loro verso è il la per una sintonia che dall’udito coinvolge gli altri sensi fino a trasportarmi alla consapevolezza di trovarmi dove devo essere, nel modo in cui sono e che va bene così.

Ps.: la foto pubblicata con il post è evidentemente di scarsa qualità perchè l’ho fatta col telefono mentre camminavo una mattina di febbraio. Mi è sembrato di un’incredibile bellezza il filtrare del sole tra gli alberi dopo tanti giorni di grigio invernale. Immergersi nel qui ed ora permette di cogliere momenti magici che una testa sovrappensiero perde immancabilmente.

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